pastorale americana
philip roth, 1997
[Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando.]
boccaccio 70
è il 1962; la rappresentazione della donna e del sesso – in tv, sui giornali, nelle conversazioni da bar o da bus – è filtrata dall’ipocrisia e dal moralismo. Ma non c’è soltanto questa italia. Il cinema – vittorio de sica, federico fellini, luchino visconti, mario monicelli – mostrano il volto intelligente, ironico, spregiudicato dell’altra italia, quella che non ha paura di raccontare la storia di una prostituta, spinta a vendersi al vincitore di una lotteria da una “dolce” cugina in attesa di un bambino. Quella che non ha paura del corpo di anita ekberg che campeggia, bello e invitante, su un enorme cartellone pubblicitario in mezzo a un prato dell’EUR. Insieme ai quattro grandi registi troviamo – complici di lusso – zavattini, flaiano, arpino, calvino, parise.
Il film è in quattro episodi: fellini con “le tentazioni del dottor antonio”; visconti con “il lavoro”; de sica con “la riffa”. Quando il produttore tolse il quarto episodio “renzo e luciana” di monicelli, sceneggiato da arpino e da calvino (dal suo racconto L’avventura di due sposi) dall’edizione per l’estero, gli altri tre decisero di non recarsi al festival di cannes per solidarietà da Mymovies.
E ai titoli di coda…la regia è quella di insuperati maestri, la penna è quella di grandi scrittori e i volti sono quelli di paolo stoppa, peppino de filippo, romolo valli, romy schneider…
qualunque cosa succeda
immagine tratta da qui
“Strani i giochi della memoria: uno dei miei ricordi di papà più affettuosi e più netti – più di altri momenti successivi – è legato proprio all’asilo. […] Ogni volta era un continuo accompagnarci: lui me fino al mio banco, io lui fino all’atrio d’ingresso. Lo stesso tragitto, avanti e indietro, lo percorrevamo più e più volte. Non era facile salutarci: staccarmi da lui.” Umberto ambrosoli ha otto anni quando suo “papà”, Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata di michele sindona, viene assassinato da un killer venuto dall’america. Oggi, trentanni dopo l’assassinio, umberto ambrosoli racconta questa perdita rimettendo insieme le carte processuali e gli appunti di suo padre, i racconti di sua madre e degli amici di famiglia e le interviste delle tv italiane estraniere. Inevitabilmente il racconto privato si intreccia con la storia dell’italia degli anni settanta – sindona, gelli, calvi, politici, ministri, mafiosi, terroristi neri e rossi…e poi le lotte operaie e studentesche – e, inevitabilmente, questa storia mette in secondo piano la vicenda privata. Eppure, l’autore, riprendendo dal padre l’abitudine di appuntare nell’agenda impegni e fatti personali in mezzo a riflessioni e appuntamenti di lavoro, colloca i suoi ricordi – i ricordi di un bambino di otto anni – con discrezione e semplicità tra righe che parlano di declaratorie, fallimenti, azioni revocatorie, ricorsi alla corte costituzionale, rogatorie, liquidazioni, minacce, intimidazioni.
“Consiglio asilo – esame regolamento consiglio”, scrive giorgio ambrosoli nella sua agenda.
“Eccoci lì, al centro di tutto, nonostante tutto”, scrive umberto ambrosoli.